L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che ha dichiarato l’acqua un diritto umano fondamentale. Una risoluzione, approvata a luglio, dopo più di 15 anni di dibattiti, presentata dalla Bolivia e che è passato con il voto a favore di 122 Paesi, nessun contrario e 41 astensioni. Nel testo si afferma che “l’accesso a un’acqua potabile pulita e di qualità, e a installazioni sanitarie di base, è un diritto dell’uomo, indispensabile per il godimento pieno del diritto alla vita”, e si invitano gli Stati e le organizzazioni internazionali ad adoperarsi per fornire aiuti finanziari e tecnologici ai Paesi in via di sviluppo, esortandoli ad “aumentare gli sforzi affinché tutti nel mondo abbiano accesso all’acqua pulita e a installazioni mediche di base”.
In parole povere l’Onu ribadisce che l’acqua è fonte di vita. L’acqua costituisce pertanto un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti. L’acqua è un bene finito che va conservato sia per garantire la qualità della vita e dell’ambiente circostante, sia a beneficio delle generazioni future. Quindi se l’acqua è un bene necessario alla sopravvivenza delle persone, non si può affermare alcun diritto alla vita senza contemporaneamente affermare il diritto all’accesso all’acqua. Se al contrario, l’acqua da diritto diviene bisogno e dunque merce da acquistare, l’accesso sarà discriminato dalle differenti capacità economiche delle persone. Verrà dunque negato il diritto alla vita e all’universalità della fruizione del bene acqua. E se l’acqua diviene una fonte di profitto, sarà impossibile garantirne la riduzione dei consumi e la conservazione futura.
Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile e nel giro di pochi anni arriveremo a tre miliardi. Nonostante tutto questo, pressioni a diversi livelli, sono finalizzate ad affermare la privatizzazione e l’affidamento al cosiddetto libero mercato della gestione della risorsa idrica. Le istituzioni economiche, finanziarie e politiche che per decenni hanno creato il degrado delle risorse naturali e l’impoverimento idrico di migliaia di comunità umane oggi dicono che l’acqua è un bene prezioso e raro, e che solo il suo valore economico può regolare e legittimare la sua distribuzione . Noi sappiamo che non è così. Oggi, gli effetti della messa sul mercato dei servizi pubblici e dell’acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possano garantire la tutela della risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future
In questa battaglia, insieme globale e locale, è largamente diffusa la consapevolezza dei cittadini la necessità di non mercificare il bene comune acqua e non esiste quasi più territorio che non sia attraversato da vertenze per l’acqua.
La prova della sensibilità al tema l’abbiamo avuta anche qua, quando a maggio gli amici del Comitato Acqua bene Comune ci hanno chiesto di contribuire, come autenticatori, alla raccolta firme per i tre referendum in difesa dell’acqua pubblica. La gente si fermava, chiedeva il volantino, quelli che non erano al corrente chiedevano informazioni, e quanti solo a vedere il manifesto, riconoscevano la campagna e volevano firmare! Tutti, in modo completamente trasversale , amici e cittadini di ogni provenienza politica, di ogni estrazione sociale ed età condividevano l’iniziativa referendaria per la gestione dell’acqua pubblica.
Oggi, arrestare i processi di privatizzazione dell’acqua è un problema di civiltà , che chiama in causa politici e cittadini, e chiede a ciascuno di valutare i propri atti, assumendosene la responsabilità rispetto alle generazioni viventi e future. Molti in tutto il mondo lo sta già facendo.
Per esempio l’Unione europea, che a differenza di quanto spesso viene sostenuto, non solo non “impone” la privatizzazione dei servizi pubblici, ma, in buona sostanza, lascia liberi gli Stati membri di definire quali siano i servizi di interesse generale e quali quelli di interesse economico generale (quelli che, grosso modo, sono considerati privi di rilevanza economica e di rilevanza economica nella legislazione italiana) e quindi le loro forme di gestione, lascia impregiudicato il regime di proprietà, pubblico o privato, delle imprese e, anzi, riafferma che compito dei servizi pubblici è anche quello di promuovere la coesione sociale e territoriale.
All’Estero, la Bolivia è il primo paese al mondo, ad istituire un Ministro per l’Acqua. L’Uruguay ha deciso, attraverso referendum, di inserire l’acqua come diritto umano e bene comune nella Costituzione.
A partire dallo scorso gennaio, la Municipalità di Parigi ha deciso di ripubblicizzare il servizio idrico, trasformando la precedente gestione affidata ad una società mista, di proprietà maggioritaria del Comune con la partecipazione di Suez e Veolia, in un Ente morale di diritto pubblico. Per quello che riguarda l’Italia, con una sentenza emessa il 10 settembre 2010 il Consiglio di Stato ha stabilito la competenza degli Enti locali nel decidere sulla rilevanza economica di un servizio.
Se a fronte di situazione drammatiche come Arezzo, Aprilia o Massa Carrara, dove se non paghi, non c’è razionamento, c’è il taglio del consumo e se non consumi abbastanza non c’è un premio, ma c’è l’aumento delle tariffe, ci sono anche ottimi segnali positivi, per esempio dalla regione Abruzzo, (amministrata da una coalizione di centrodestra) che i primi dell’anno ha approvato alla unanimità un emendamento al documento di programmazione economico finanziario della Regione che impegna la Regione a preservare il carattere pubblico dell’ acqua e che sancisce allo stesso tempo che il servizio idrico debba ritenersi privo di rilevanza economica.
La Regione Puglia che promulgherà entro ottobre un disegno di legge sulla ripubblicizzazione dell’acqua.
O chi l’ha già fatto, come le Province di Asti, Bari, Chieti, Lecce, Torino, Venezia, e i comuni di Bari, Capannoni, Cosenza, Jesi, Predazzo, Foggia ecc ecc.. Nel Sud del nostro paese, dove l’acqua spesso e volentieri è già considerata un’emergenza, l’Assemblea Regionale Siciliana, con un articolo nella finanziaria regionale, ritorna alla gestione pubblica dell’acqua, e 135 Comuni delle nove province siciliane, e la Provincia di Messina hanno già deliberato per la legge di ripubblicizzazione del servizio idrico.
Nella nostra provincia dove i Comuni di Levanto, Arcola, Ortonovo, Lerici e Vezzano hanno già approvato la mozione, il Comune di La Spezia che ha votato contro la privatizzazione, e i Comuni di S.Stefano, Vernazza e Riomaggiore che lo stanno discutendo nelle commissioni consiliari.
Scaricate la mozione approvata!
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